Erano anni che avevo questo tarlo. Da quando iniziai a fare trail, nella preistoria della disciplina. Poi impegni, la scarsa diffusione di questo tipo di gare, infortuni, acciacchi, un redivivo interesse per il bitume, la mancanza di voglia di farmi il mazzo, hanno complottato per farmi anche solo ipotizzare la possibilità di diventare ultratrailer. E mi son dovuto giocoforza accontentare del limite dei 42Km, rigorosamente offroad. Poi l’anno scorso un gruppetto di coraggiosi ha deciso quel che mi pareva un sogno: organizzare un ultra dietro casa mia. Sull’Appennino di cui mi sento figlio adottivo, non qui nato ma qui trapiantato, ormai cittadino di questi boschi, di questa campagna, di queste vette, non alte ma impervie. Un anno fa l’assaggio della prova più corta di 24Km. Una gara tosta ma già meravigliosamente e meticolosamente organizzata. Non me la posso perdere, mi dissi.
Ma il principio di realtà cozzava col mio sogno. Il mio fisico dopo oltre un quarto di secolo di running si lamenta se provo ad azzardare qualcosa di più. Ogni allenamento più duro, ogni seduta di ripetute, sono un fattore di rischio. A novembre riuscii a correre una mezza maratona in poco meno di 2h, il mio peggior tempo all time sulla distanza. Sembrava che il complotto anti-ultratrail si ergesse forte. Poi sono arrivati i miei amici pazzi. E mi hanno convinto. Ok, ci provo, mi iscrivo. L’obiettivo è improbo, allenarsi per 11 ore di corsa partendo da un livello aerobico infimo e da una autonomia limitata.
È quello il primo passo, il gradino più duro. Porsi un obiettivo è il primo passo per raggiungerlo. E osare nel correre è come il pizzico di sale in un piatto, regala quel sapore speciale che ti fa godere anche nella preparazione, che ti dà forza anche nella sofferenza. Ti dà la motivazione, che poi diventa grinta, che si trasforma in consapevolezza, in autostima, in determinazione. Il primo gradino è stato più difficile. Poi il resto è venuto da sé. E i miei amici mi hanno accompagnato e facendosi ispirare dalla mia esperienza hanno dato forza a tutto un gruppo via via ingrandito, che ha cominciato ad allenarsi insieme sulla spinta della motivazione della curiosità della passione.
E così sono nati allenamenti di gruppo sul nostro amato monte Morello a uno sputo da Firenze, una vera palestra per il trailer. Levatacce, lotte col freddo, con gli alberi abbattuti da una tempesta di marzo, col fango e le piogge. E la passione che saliva, e la determinazione che montava. Ci siam fatti le nostre gare che erano di allenamento e di prova assieme. Fino al 2 maggio, alzarsi ancora a buio, giungere al momento della partenza avvolti in una nebbia fittissima che copre tutto il crinale appennico assieme a una pioviggine fredda e fastidiosa che copre le abetaie della Badia di Moscheta.
Devo partire coperto con una giacca antivento, mai successo prima. Qualche foto, trepidazione, desiderio di voler partire, voglia di faticare e di stringere i denti. Il via è stato festoso e fangoso. Una prima salita corsa più del previsto perché non dura. La prima vetta è il monte Acuto, ci spira un vento fortissimo, al massimo 20 metri di visibilità. Peccato.
Seconda salita prima ripida, poi facile, poi il lago di fango. In dei punti non sapevo come fare a restare in piedi, sembravano le sabbie mobili, altri parevano piste da sci. Un pickup disperso su uno stradino legato a degli alberi per impedirgli di precipitare in un burrone, ovviamente inciampo in una corda e mi copro di fango dalla testa ai piedi, sembro uscito dalla Parigi Roubaix in un giorno di tregenda. La nebbia non passa, il crinale è ancora avvolto dalle nubi ma almeno non piove più. Il maledetto fango rimane, spendo preziose energie per tentare di rimanere in piedi il più possibile. Dopo 3 ore sono al Giogo di Scarperia, paradiso dei motociclisti e mi mancano ancora 42Km, per fortuna sono ancora fresco. Da quel momento farò una gara in rimonta. Peccato che non riesca a sfruttare la lunga discesa, tanto è accidentata, ma l’importante è divertirsi. E vi giuro, mi stavo divertendo da pazzi. Al 24° al museo della civiltà contadina c’è un nuovo ristoro, mi cambio e comincia una parte di salita di 20Km. Se normalmente sono un bradipo, in salita divento una lumaca. Vado del mio passo, che è prudente. E un passo dopo l’altro supero la salita che mi porta al 30°. Metà gara, e son passate oltre 5h30’.
Ma sto bene e non mollo, divertendomi come un bambino nel successivo single track vallonato che porta al ristoro di Valdiccioli e poi su per la forestale verso Prato all’Albero, dove ci sono gli unici 10metri di asfalto, e qui entro nella parte più in alto della prova. Sul crinale, manco a dirlo, ancora tutto nuvoloso e la Romagna la si può solo immaginare.
Questa salita non finisce mai, e la discesa successiva veloce e poi sassosissima quasi la si rimpiange. Si entra nella valle del gelido Rio Rovigo le cui acque si devono guadare più volte, si risale al rifugio dei Diacci col famoso passaggio sotto la cascata. Nuovo single track nel bosco… ehi, ma quello sembra il sole. Qui, verso il 48°, inizio per la prima volta a sentire le gambe un po’ dure, mi spiace perché ero stato da dio fino a quel momento, ma non mi lamento e comunque guadagno ancora altre posizioni.
La discesa del 54° in mezzo ai castagni e finalmente col cielo sereno è una benedizione, la stanchezza sparisce di nuovo e sento l’odore del traguardo. Nel fondovalle ci sono i 2 guadi, lì trovo 2 dei miei amici un po’ pazzi, la lunghezza della gara li ha provati mentalmente ma riesco a dar loro coraggio e mi trainano per l’impervia Valle dell’Inferno in un single track micidiale per chi è stanco, ricco di salti e gradoni per gli ultimi 3 infiniti Km. L’odore dell’arrivo è intenso, ci facciamo forza e chiacchieriamo come fossimo al bar, indispettendo gli altri concorrenti. Gustiamo già il sapore della comune vittoria. Tanto per gradire devo combattere l’ultima mezz’ora con una brutta contrattura che mi fa veder le stelle ancora oggi. Conto alla rovescia, poi l’arrivo, i nostri compagni del Machese’grulloTrailTeam che ci hanno atteso e ci regalano le ultime forze, siamo in tre ci siamo fatti forza per mesi e il coronamento del nostro sogno è lo stringerci per mano e passare il traguardo assieme a braccia levate.
Ricorderemo a lungo quei momenti, quei kilometri finali in cui la stanchezza fisica e mentale veniva scacciata dal sapore dell’imminenza del traguardo. Ricorderemo la preparazione fatta assieme, contornati dagli altri membri del nostro gruppo oramai ammalati di trail, così come ricorderemo la birra stragoduta alla fine, il gelato che pregustavamo ancora nella valle dell’Inferno, quei momenti di gioia dopo il traguardo che nei nostri cuori dureranno a lungo, istanti brevi ed infiniti allo stesso tempo.
Il mio video: https://www.youtube.com/watch?v=FHoKTmFfBUw
Video ufficiale: https://vimeo.com/127095552
Traccia: http://www.gpsies.com/map.do?fileId=jjjtndvwifldrxpn
Foto dei finisher: https://www.flickr.com/photos/124275857@N06/